Conti non indicati nel quadro RW
È importante indicare i possedimenti esteri nel quadro RW in quanto la non indicazione comporta diverse conseguenze negative per i contribuenti, laddove lo Stato estero interessato sia un Paradiso fiscale.
Nello specifico:
- le sanzioni relative all’inosservanza degli obblighi di monitoraggio fiscale, dal 3% al 15% dell’ammontare non dichiarato, sono raddoppiate, e divengono dal 6% al 30% (art. 5 comma 2 del DL 167/90);
- l’intero ammontare dell’investimento o dell’attività non dichiarati nel quadro RW si presume frutto di redditi non dichiarati in Italia (art. 12 comma 2 del DL 78/2009);
- le sanzioni relative al reddito presunto non dichiarato sono raddoppiate ex art. 12 comma 2-ter del DL 78/2009 (si tratta, a seconda dei casi, delle sanzioni da dichiarazione infedele o da dichiarazione omessa, che diventano, rispettivamente, dal 180% al 360% delle imposte e dal 240% al 480% delle imposte, ex art. 1 del DLgs. 471/97);
- sono raddoppiati sia i termini per l’accertamento delle imposte sui redditi derivanti dalla presunzione di imponibilità dei possedimenti esteri e delle relative sanzioni, sia i termini per la contestazione delle sanzioni ex art. 20 del DLgs. 472/97 relative al monitoraggio fiscale (art. 12 commi 2-bis e 2-ter del DL 78/2009).
L’ente impositore quindi, deve dimostrare che ci sono possedimenti come ad esempio conti correnti, detenuti in un Paradiso fiscale che non sono stati indicati nel quadro RW del modello REDDITI. A questo punto, spetta al contribuente dimostrare che i possedimenti non dichiarati non derivano da evasione ma, ad esempio da redditi esenti o assoggettati a imposizione alla fonte oppure da risparmi accumulati negli anni.
Come è stato affermato dalla C.G.T. II Lombardia 27 febbraio 2024 n. 657/14/24, qualora i conti correnti non dichiarati riguardino ad esempio l’anno 2015 e il dato emerga a seguito dello scambio di comunicazioni tra Stati, non si può presumere che anche negli anni antecedenti ci sia stato il possesso di conti correnti, senza fornire adeguata dimostrazione di ciò.
Affinché la presunzione trovi applicazione è imprescindibile che l’ente impositore dimostri il c.d. fatto noto, ovvero il possesso di beni nel Paradiso fiscale non indicati nel quadro RW.
I giudici affermano che:
- “Dalla disponibilità di somme all’estero nel 2015 non poteva farsi discendere il fatto che essa risalisse al 2011, primo anno accertabile in base al raddoppio dei termini previsto a favore dell’ufficio dalla normativa richiamata”;
- l’ente impositore “riguardo al 2011, non poteva ritenersi libero dalla prova del fatto noto (detenzione di disponibilità finanziarie all’estero), che avrebbe legittimato l’operatività della presunzione legale relativa alla natura reddituale delle somme, in forza della asserita prova di detenzione di somme in un diverso anno di imposta”.
Per concludere dal possesso di beni non indicati in RW non si può presumere automaticamente che quegli stessi beni esistessero già negli anni prima. Occorre pur sempre dimostrare il fatto noto, quindi non si può pretendere che il contribuente dimostri che negli anni prima su quel conto non vi erano disponibilità.
Questo è un principio che, appare davvero scontato: il contribuente non può in alcun modo fornire una prova negativa dimostrando di non aver avuto possedimenti all’estero. Non esiste, nel sistema, alcuna presunzione secondo la quale il Fisco può presumere il possesso di beni all’estero negli anni antecedenti a quelli in cui tale possesso è stato accertato.