Le novità previste per gli impatriati
Lo schema di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale, attuando una serie di norme contenute nella L. 111/2023 di riforma del sistema fiscale, propone una serie di novità sulla legislazione prevista per i lavori impatriati.
Mentre in questo momento il regime agevola qualsiasi lavoratore che trasferisce in Italia la propria residenza, l’articolo 5 dello schema di decreto ritorna un po’ al passato, agevolando solo il lavoratore con un elevato grado di specializzazione/qualificazione.
Le modifiche rispetto all’attuale previsione sono:
- reddito detassato è pari al 50% (rispetto all’attuale 70%, o 90% per i trasferimenti nel Mezzogiorno); • reddito agevolato fino a 600.000 euro;
- residenza richiesta pregressa di tre anni,
- dopo l’impatrio è richiesto un periodo minimo di residenza pari a cinque anni (evitando il fenomeno di impatriates regimes shopping)
La norma trasmessa al Parlamento stabilisce che il nuovo “vecchio” regime si applicherà a coloro che trasferiranno la residenza fiscale in Italia dal 2024, anche se il comma 6 dell’articolo 5 consente, in via transitoria, di applicare il regime più favorevole a coloro che trasferiscono la residenza in Italia entro la fine del 2023. Chi intende beneficiare ancora delle vecchie regole deve quindi affrettarsi ad acquisire la residenza anagrafica in un Comune italiano entro il 31.12.2023 anche se la residenza fiscale sarebbe acquisita solo dal 2024.
Le altre disposizioni previste nelle bozze rimangono invece invariate. L’art. 1 del Titolo I modifica come previsto l’articolo 2 del Tuir, stabilendo che dal 1.1.2024 viene considerato residente il soggetto che per la maggior parte del periodo d’imposta, ha il domicilio o la residenza in Italia.
L’art. 2 affronta il tema della residenza fiscale delle società e degli enti. Rispetto all’attuale previsione di sede legale, sede amministrativa e oggetto sociale, nella nuova versione viene confermata solo la sede legale, mentre gli altri due aspetti sono sostituiti dalla sede di direzione effettiva, rappresentata dalla “continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso” e dalla gestione ordinaria in via principale, rappresentata dal “continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”.
La presunzione di esterovestizione prevista dall’art. 73 comma 5-bis del TUIR, viene mantenuta anche se con qualche piccola modifica.
L’art. 6 disciplina infine il fenomeno del reshoring, stabilendo che i redditi delle società che si trasferiscono in Italia proveniente da Stati extracomunitari, verranno detassati per il 50% del relativo ammontare per il periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento e per i cinque periodi d’imposta successivi. Tale previsione non si applica però alle attività già esercitate in Italia nei 24 mesi che precedono il trasferimento e l’agevolazione viene meno nel caso in cui la società “impatriata” si ritrasferisce all’estero. La società deve inoltre necessariamente rimanere in Italia sino al quinto anno successivo alla scadenza del regime agevolativo (per le grandi imprese il periodo è aumentato a dieci anni) e i benefici si perdono ogni qualvolta viene trasferita all’estero l’attività. Si attende comunque l’approvazione da parte della Commissione europea.